Casa e verde pubblico, i diritti negati
La ricostruzione della città di Messina dopo il terremoto del 1908 sarebbe potuto essere il laboratorio ideale per applicare i principi dell’urbanistica moderna, divenendo vero paradigma della “modernità” urbana, essendo raro caso di città ricostruita da zero.
Ma il tema del verde pubblico, come il tema del diritto alla casa, sono stati i grandi esclusi dalla progettazione urbana post sisma. Luigi Borzi ha progettato a verde pubblico solo 1,2 % della superficie dell’intero organismo urbano (71.300 mq su una superficie urbana di 5.500.000 mq), proprio nel contesto storico in cui erano “di moda” ovunque in Europa e in Italia le teorie di Ebenezer Howard sulle “Città Giardino” del 1898 o l’applicazione del rapporto costruito/verde di ¼ dettato da Arturo Soria y Mata teorico della “Città Lineare” (rapporto che adotta nel PRG di Roma, quello voluto da sindaco Nathan, nel 1909, Edmondo Sant Just de Teulada, colui che sovrintese al piano di ricostruzione di Messina), etc.
Nonostante ciò della città ricostruita permane la convinzione di “Messina Città Giardino” e non di una città con due piccoli giardini e qualche aiuola alberata negli spazi pubblici con alberature lungo le strade, standard minimi di funzionalità urbana.
Il grande Eduardo intervistato durante il funerale di Pier Paolo Pasolini fece un poetico encomio, e poi pretese di precisare che le sue parole non erano parole di circostanza, perché: “io so distinguere uomini da uomini, così come so distinguere morti da morti”.
Una grande esortazione morale a saper distingue sempre, a comparare, ad individuare i valori assoluti dai valori relativi nelle cose e negli uomini. Una grande lezione che ci spiega come non dobbiamo attenerci a valutazioni de relato, evitando di prendere per buono ciò che ci viene detto, anche quando il vero contrario è lampante. Il grande drammaturgo ci esorta a non prendere mai in prestito opinioni senza verificarle, perché queste si amplificano e diventano presto verità perniciose che generano autoreferenzialità e ci fanno credere di avere ciò che non abbiamo, diventando fanatici difensori dei nostri disagi, di cui ne facciamo vanto, ergendoci a patetici paladini dei nostri carnefici.
Il Diritto Urbano, è: “Il riconoscimento pubblico ad una vita urbana decente ad una socialità condivisa”, che non ha niente a che vedere con le leggi in materia urbanistica edilizia, paesaggistico ambientale o di salvaguardia del patrimonio culturale.
La “città moderna” rispetto alla “città antica” si caratterizza per tre nuovi elementi mai concepiti all’interno delle città: l’edilizia per le classi lavoratrici (le case popolari), l’igiene urbana (salute pubblica), e il verde pubblico (parchi e giardini pubblici).
Questi elementi sono espressione della nuova concezione sociale della “modernità”. Sono il riconoscimento di nuovi diritti inalienabili per tutti: diritti alla casa, diritto alla salute e diritto alla qualità della vita urbana, tutti elementi che sono la matrice della nuova concezione urbana che ha prodotto tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 quella alta qualità urbana, sociale e civile che caratterizza tutte le “città moderne” a partire dalle grandi capitali europee, come Londra, Parigi, Barcellona, Vienna, Amsterdam, Roma, Firenze, etc. Città dove sono stati realizzati quartieri per le classi lavoratrici immersi nel verde pubblico e privato e dove la quantità del verde pubblico espresso in giardini e parchi, si misura sempre oltre il 25 % dell’intera superficie del tessuto urbano. Dato che aumenta notevolmente nelle piccole città.
Riporto un fatto notorio agli studiosi del tema in trattazione che riferito alla città di Messina lascia non poco amaro in bocca. Alessandro Schiavi, Il padre delle città giardino italiane, nel gennaio 1909, a pochi giorni dalla tragedia messinese, sulla rivista “Le case popolari e le città giardino “, la n. 1 anno 1909, pubblicò un articolo epocale divenuto da subito il riferimento morale, oltre che tecnico, di tutti i pianificatori delle città italiane dell’epoca: “Come si costruiscono le nuove città italiane”.
Nell’articolo Schiavi illustrava le esperienze dei villaggi a giardino in Inghilterra e in Germania, “dove il verde, la luce, la gioia di vivere vi sono a profusione e la mortalità vi è minima”.
Segnalava tutti gli standard e le misure consigliate per costruire città immerse nel verde. Rifacendosi anche al trattato su “la Città Moderna” del 1889, di Camillo Sitte, trattato destinato ad influenzare tutta l’urbanistica del XX secolo.
“Si devono realizzare zone verdi pubbliche, con bei giardini pubblici per la migliore riuscita di un quartiere urbano. La distribuzione del verde, dimostra che la costruzione e la sistemazione delle città non è affatto un lavoro puramente meccanico e amministrativo, ma è in realtà un’opera d’arte ricca di significato e di spiritualità.”
Infine in famoso articolo di Schiavi così concludeva:
“Un assessore e un ufficio tecnico che a questi criteri si informino potranno costruire nei nuovi quartieri tante cittadine con caratteri architettonici di bellezza svariati e sommamente gradevoli allo spirito e benefici al corpo dei futuri abitanti…” .
Tre mesi dopo la Giunta Comunale, era il 29 aprile 1909, dava incarico a Luigi Borzì, di redigere il Piano Regolatore per la ricostruzione della città di Messina.
Oggi retrospettivamente possiamo dire che la città concepita dal Borzì soffre ancora la piaga del mancato diritto alla casa e il tema del verde, d’allora, non è stato molto declinato.
Carmelo Celona
17.05.2020