Verso nuovi linguaggi architettonici: l’Architettura Solare (Soil Arck)

L’architettura è la camicia della funzione per la quale essa è stata realizzata. La sua forma e sempre condizionata da molti processi: culturali, prosaici, ideali, pragmatici, funzionali, politici, simbolici, sociali e tecnologici.  Tra i processi che determinano le forme e i linguaggi dell’architettura lo sviluppo tecnologico è tra i più determinanti. La tecnologia è sempre stata volano, spunto, elemento generatore di nuovi stili architettonici. Il lessico architettonico è sempre dipeso dalle nuove tecnologie, dallo sviluppo di nuove tecniche e dalla loro applicazione in campo edilizio. Ogni innovazione tecnica e tecnologica ha sempre migliorato le prestazioni funzionali degli organismi architettonici condizionandone forme e verbi.

Coniugando innovazione e idee, per raggiungere il doveroso equilibrio tra forma e funzione, l’architettura nel tempo ha evoluto i suoi linguaggi proponendo di volta in volta nuove idee e nuovi segni la cui ontologia si è fondata quasi sempre sull’’utopia. Sul pensiero utopico.  Nelle forme delle grandi architetture c’è sempre la plasticizzazione di un’utopia o di un sentimento. Ragione e spiritualità sono stati gli alterni significanti della sua rappresentazione nel corso dei secoli.  Basta pensare, ad esempio, all’architettura Arabo Siculo Normanna, a quella razionalista, barocca, futurista. La prima plasticizza l’idea dell’inclusione e della multiculturalità, la seconda quella dell’uguaglianza sociale, la terza della spiritualità e della magia del divino, la quarta un visionario futuro meccanico e ad alta velocità. Così ogni stile architettonico rappresenta un’idea, una concezione ideale del mondo, fa riferimento ad un pensiero, o ancor meglio, ad una categoria di pensiero.

Molti stili architettonici, soprattutto quelli che si rifanno ad idee progressiste e d’avanguardia hanno linguaggi, modelli, cifre, forme, stilemi che sono l’espressione icastica di un’idea deformante. Nella storia dell’architettura l’idea deformante è stata sempre un’utopia che prende forme inedite avvalendosi quasi sempre delle innovazioni tecniche e tecnologiche del tempo.  Se guardiamo le forme dei ponti, man mano che l’uomo ha migliorato la tecnica e inventato nuovi materiali si è passati dai ponti in pietra a quelli in mattone, dai ponti in ghisa a quelli in cemento armato ed in acciaio. Ognuno di questi materiali via via ha contribuito a migliorare le prestazioni statiche, ad aumentare la lunghezza delle campate e soprattutto a mutarne radicalmente le espressività formali. L’architettura si è avvalsa sempre della tecnologia per aumentare le sue prestazioni e per raggiungere le sue utopie, le sue eterotopia, le sue idee, i suoi ideali, i suoi scopi politici, civili, sociali. Ecco perché le sue forme sono sempre l’espressione di processi culturali, siano essi involutivi o evolutivi. I processi culturali esprimono sempre idee, atteggiamenti mentali, progettati, voluti o semplicemente indotti da contingenze storiche.

 

Bulding integrated photovoltaias.

 

L’attuale contesto storico rappresenta un momento epocale nella storia dell’architettura. Essa, da sempre, qualunque fosse la sua cifra stilistica, la sua estetica di riferimento, la sua stagione, il suo valore culturale, si costituiva su due fattori di senso: la forma è la funzione. Oggi per la prima volta a questi due fattori essenziali se ne aggiunge un terzo: l’utilità. L’architettura oggi può essere anche un organismo che produce energia. Energia pulita. Energia rinnovabile. Energia ad impatto ambientale vicino allo zero: energia sostenibile.

Purtroppo questa nuova potenzialità spesso si trasforma in un elemento che ne mortifica il valore. La mortificazione è dovuta alla fenomenologia del processo fotovoltaico integrato all’architettura. Questa integrazione tecnologica ha determinato nuove complessità epistemologiche nella progettazione architettonica, dovute alla rigida modularità dei pannelli. Complessità che invece di essere risolte sono state abbandonate cedendo alla facilità esecutiva dettata dalle logiche dell’urgenza di rientrare nelle incentivazioni fiscali, dalla prosaicità delle aziende produttrici, dalla faciloneria degli impiantisti e dalla costretta compiacenza degli architetti ridotti, ormai, a semplici esecutori di quanto dispone il mercato. Così le improprie quanto diffuse integrazioni della tecnologia del fotovoltaico nell’architettura esistente, o ancor peggio, quella applicate nelle architetture di nuova realizzazione, hanno ovunque infettato il panorama urbano fornendo percezioni ferali del paesaggio. Così, anche se attualmente i dispositivi fotovoltaici hanno evoluto la loro rigida modularità ed offrono all’architetto molti più gradi di libertà, resta sui nostri territori un danno paesaggistico incommensurabile ancor più grave di quello perpetrato dall’alluminio anodizzato e dagli apparecchi esterni dei climatizzatori (non sempre la tecnologia migliora la vita, o almeno il senso estetico).

Così siamo nel pieno di un drammatico equivoco che scambia l’architettura sostenibile, cioè quell’organismo che tende a consumare sempre meno energia non rinnovabile e ad avere impatto ambientale prossimo allo zero, con la contaminante integrazione di impianti tecnologici, in primis i pannelli fotovoltaici, senza alcuna elaborazione formale e senza alcun rispetto dell’armonia architettonica degli edifici. Un atteggiamento che ci consegna ovunque una semantica dalla volgarità allarmante. linguaggi afasici, metafore alessiche della postmodernità, dove tutto è liquido e banale. Dove tutto tende ad esser facile o facilitato mentre del miracolo della semplicità, concepita come una complessità risolta, atteggiamento di ogni opera d’arte, non si ha più notizia. Così si accetta l’idea che per fare un’architettura sostenibile si debba rinunziare all’articolazione creativa di un nuovo processo architettonico. Lasciando spazio al dilagante pragmatismo inespressivo della semplice integrazione tecnologica, accettando qualsiasi contaminazione dell’involucro architettonico per massime ragioni ambientali, somministrando, così, all’ambiente un rimedio che risulta peggiore del male.

La Soil Arck

Nonostante la fenomenologia esaminata, non possiamo non registrare un grande sforzo di emancipazione lessicale rispetto all’abusata semplice “bulding integrated photovoltaias”. Appaiono all’orizzonte nuove semantiche architettoniche che interpretano una modifica radicale, anche, del paradigma architettonico più evoluto. Nuove proposte di un’architettura che si pone nella sfera ideale della categoria del divenire, affrancandosi dai codici ordinari con espressività inedite e di nuovo senso che riconfigurano il “nuovo terzo fattore di senso dell’architettura” (l’utilità), collocandolo sul confine tra Utopia e Eutopia. La Solar Architeture rimette il progetto architettonico all’interno di nuovi valori artistici, storici, sociali. Esprimendo un’avanguardia che va oltre l’Architettura High Tech, oltre l’Architettura Eterotopica;

La Soil Arck, attraverso una nuova trattazione delle tecnologie solari, esprime il suo valore culturale veicolando fortemente i contenuti ideologici che l’hanno determinata: sostenibilità, risparmio energetico, bio-architettura, ambientalismo, ecc… La sua utopia declina il più radicale ideale ambientalista e naturalista assorbendo le istanze di un nuovo ecologismo che sempre più si sta affermando come risposta concreta all’estetica del capitalismo mondialista che impone la globalizzazione delle culture e delle forme, opponendosi platealmente al cinico neoliberismo che sfrutta senza sosta risorse naturali e antropiche.

Si tratta di una architettura inedita che incarna, e pratica, a pieno l’ideale della sostenibilità: non consuma risorse naturale, bensì produce energia pulita con la quale abbatte i costi della sua realizzazione e della sua gestione e manutenzione futura. La sua dimensione artistica va oltre il perfetto equilibrio fra forma e funzione aggiungendo, come già detto, la qualità ecologica. Così la sostenibilità diventa un canone di bellezza.

 

l’Architettura Solare, linguaggio ancora in fase prototipa, potrebbe trasformarsi in un vero rinnovamento linguistico dell’architettura e  divenire volano di un nuovo rinascimento artistico e culturale. Il nuovo linguaggio, con il suo nuovo valore di senso (il fattore dell’utilità), potrebbe imporre il tanto auspicato ripensamento della disciplina dell’architettura facendo sorgere nuove metodologie progettuali e nuove dimensioni professionali più idonee ad affrontare la crisi culturale delle nostro tempo. Attraverso questi inediti stilemi si può avere una lettura del nostro tempo, dell’attuale società e dei suoi veloci rivoluzionamenti attivati dalle sempre più evolute tecnologie. Comunque la si consideri rappresenta un recupero della creatività e della idealità progettuale perduta, poichè nella Soil Arck si riscontra, finalmente, la mortificazione del disimpegno architettonico, formale e funzionale, a cui abbiamo assistito e stiamo assistendo negli ultimi decenni. Queste architetture sembrano essere un’interpretazione colta della possibile virtuosa società del domani. La Solar Architeture potrebbe essere l’orizzonte che aspettiamo. Sicuramente si tratta di un’architettura che non abdica la sua creatività alla tecnologia, ma se ne serve per esprimersi in forma creativa. Forse è quel rigurgito di inventiva architettonica, a volte visionaria, che auspicavamo, sviluppato con linguaggi nuovi, ancora da decodificare per intero. Il suo valore culturale ed artistico è ancora tutto da cogliere, ma la sua espressività, certamente, non cede alle spietate logiche del mercato e agli strumenti legislativi ed economici che agevolano quel falso ambientalismo che mira solo ad aprire nuove frontiere di mercato e nuovi territori speculativi. Forse per capire meglio servirà un’angolazione retrospettiva, ma è evidente che il solco è tracciato e la Soil Arck (un’architettura concepita anche per auto alimentarsi senza depauperare risorse naturali) da tempo ha emanato i primi vagiti e sta già camminando i suoi primi passi verso il futuro. Un futuro, se si afferma nell’energia solare, dove sarà difficile che qualcuno possa inventarsi giacimenti privati di Sole e dove l’energia solare farà la rivoluzione delle ricchezze redistribuite e delle opportunità perequate.

Questa nuova cifra architettonica potrebbe plasticizzare il significante di ciò che si spera abiti il futuro: una società più umanista ed egalitaria. Una società dove la Soil Arck sia l’archetipo di una finalmente raggiunta democrazia, che affermi finalmente quegli ideali mancati nel secolo scorso, che ebbero come significante l’architettura razionalista e tutte le avanguardie del IXX e XX secolo.

Carmelo Celona

12.01.2018