I cavalli impazziscono, gli scecchi no!
L’inferno è un lucida metafora di alcune città del sud.
“Immagina una città, dove i diritti non sono garantiti da uno stato o da Dio, ma piuttosto dall’agilità con cui manovri la lingua sul culo altrui. Immagina un luogo dove imperano i baroni, i conti e la gran corte dei mediocri. Adesso sposta questo inferno più a sud che ti riesce. Tra gente che non riesce a trovare differenza tra la parola transustanziazione e lavoro”
Oggi tutti i servizi si pagano, al di là delle tasse. Presto la podestà impositiva dello Stato concepirà un tributo anche per il semplice fatto di esistere.
“Posteggiò la sua Ape Cross. Un solerte posteggiatore del Comune gli venne incontro con il blocco ricevute.<Un’ora?> chiese, saltando preamboli inutili come buongiorno, buonasera signore.<Ma guarda questo che si mette a vendere il tempo>pensò.”
Quando partecipare alle tradizioni popolari è l’unico motivo d’orgoglio dei membri di una comunità:
“Apparve il tatuatore. <E’ sempre sicuro di volerlo fare?>. Ora che il Comandante gli aveva telefonato, confermandogli che l’indomani avrebbe tirato la Vara, ora che questo grande onore lo aveva investito per la prima volta nella sua vita, ora si che era giusto segnarselo sulla pelle.”
A volte i simboli delle tradizioni delle città non rappresentano solo il passato, ma metaforizzano il presente e predicono il futuro.
“Dai megafoni in cima al campanile partì un ruggito sbrafato. Il gallo cantava come un ippopotamo in calore. Poi fu la volta di Dina e Clarenza, icone di vere donne che furono. Salvarono la città dai nemici segnalando il loro sbarco a suon di campane. E ora che i nemici erano dentro le mura e nei palazzi, loro erano lì, ogni santo giorno, a suonarle in eterno davanti ad una folla di tir in eterno passaggio.”
Quante volte questa finta democrazia ci fa sentire animali da soma alle redini.
“Aveva vomitato su una scheda elettorale prima di imbucarla nell’urna e al presidente del seggio che gli aveva urlato contro dandogli del pazzo, aveva risposto, senza scomporsi: i Cavalli impazziscono, gli scecchi no! ”
Quando i diritti diventano favori, quasi sempre si trasformano in miracoli.
“Queste notti di scirocco sembravano non passare mai. Il piccolo boccheggiava sul lettino. L’asma gli rendeva il sonno impossibile. La vergogna e la frustrazione aumentavano ad ansimo dopo ansimo. Da quanto tempo non portava il piccolo al mare? Quando era stata l’ultima volta che gli aveva comprato un giocattolo? Anche un semplice pallone sarebbe bastato a renderlo felice. Lei non aveva mai chiesto niente. E forse era questo che gli pesava nell’anima. Lei semplicemente lo amava come il primo giorno contenta persino di vivere in un tugurio in preda all’umidità e alle muffe. I soldi non bastavano. Forse la Madonna gli avrebbe prestato maggiore ascolto. Non avrebbe chiesto niente per sè, solo una vita più decente per Niki e Ninetta.”
L’estetica iconodulica di certi tatuaggi esprime linguaggi pittoreschi che assumono anche dei toni manieristi.
“<Vorresti vedere il tatuaggio, eh?> Ninetta annuì fremente, come un bambino che vuole aprire l’uovo di Pasqua. Restarono in un lungo silenzio ad osservare uno splendido cuore di Gesù avvolto da rovi, sprizzante fiamme dello Spirito Santo e cinto dalla corona del re dei re. Sotto il disegno campeggiava la scritta: amo Ninetta.”
I quartieri popolari, all’aspra espressività dei loro abitanti contrappongono una ineguagliabile umanità e uno straordinario senso della solidarietà. Si tratta di una meravigliosa contraddizione estetica impossibile da riscontrare in un quartiere borghese.
“Li conosceva uno per uno, era nato in quel quartiere e sicuramente ci sarebbe morto. Quelle facce, che cinquecento metri più a valle, avrebbero incusso terrore a chiunque, per lui erano famigliari e benevole.”
A volte non vi è nulla di più cinico e disumano della burocrazia.
“Quando gli era morta la madre, se non fosse stato per lo “zio” Caratozzolo, non avrebbe trovato un posto al cimitero neanche a pagarlo oro. E questo è giusto in una società civile? Quelli che chiamano comunemente delinquenti sono di gran lunga più umani di quelli che chiamano comunemente impiegati. ”
Sui balconi, durante le processioni, le gerarchie della società siciliana si leggono chiaramente.
“Secondo le ultime stime sarebbero un milione le presenze ai lati del tragitto. I balconi sono gremiti dai fortunati e dai loro amici che riusciranno a seguire l’evento dalle loro case.”
Vi sono ingiustizie che neanche Dio può arrestare. Solo gli uomini possono e debbono rimuoverle. Di questa mancanza d’intervento divino si dovrebbe cogliere la significazione educativa. Anche se sarebbe meglio che fosse più chiaramente esplicitata.
“Figlio mio ti parlo col cuore di una madre che ha visto uomini crocefiggergli il figlio. Fino a che continueranno a costruire il futuro sulle ossa dei bimbi niente cambierà. Il destino è nelle vostre mani. Io non posso intervenire.”
E’ tempo ormai che il popolo i miracoli pensi a farseli da solo senza delegare santi e politici.
“La Madonna aveva detto: sbrigatevela da soli. La rabbia esplose. Travolse tutto e tutti. E così l’intera popolazione che per cento anni era stata tenuta in anestesia permanente, si svegliò dal coma. Tutti i disoccupati, i pensionati, gli stressati dal traffico,quelli che non erano mai riusciti a trovare una raccomandazione, quelli che avevano i piedi gonfi per le file alla Posta, quelli che avevano trovato posto in corsia all’ospedale, quelli che avevano abortito perché non avevano soldi per crescere un figlio, quelli che odiavano ogni sopruso umano, tutti alzarono la testa in un, meglio-tardi-che-mai, ritorno d’orgoglio.”
Vi sono circostanze in cui il rimedio non può che essere un’apocalittica soluzione.
“<Non ci posso credere, l’abbiamo fatto. Abbiamo raso al suolo la nostra città. Le nostre case><Direi piuttosto che abbiamo distrutto una mentalità, un modo di essere. Tanto così non si poteva continuare. Lo sapevano tutti.>
Carmelo Celona
Messina 15/06/2012
Lacerti tratti da:
“Una giornata della Madonna ” – 2000
Vincenzo Tripodo