“Blu” e il mito della caverna: Il dipinto murale della ex Casa del Portuale a Messina
Secondo Platone alcuni uomini sono prigionieri di una visione deformata e imposta della realtà, prigionieri e incatenati, fin dalla nascita, dentro una caverna, costretti a guardare solo la parete di fondo ove scambiano le ombre su essa proiettate con la realtà. In questa metafora chi riesce a vedere la realtà è solo colui che sta fuori dalla caverna o colui che riesce a spezzare le catene ed uscire fuori.
Così accade che un artista esogeno soggiorna solo qualche giorno in una città sconosciuta ove abitano uomini costretti in una caverna mentale e riesce a rappresentarla nel modo più chiaro ed icastico che nessun artista o intellettuale autoctono sia mai riuscito a descrivere meglio. Ed ecco che d’improvviso un mattino del 2013, nella zona più degradata del centro di Messina, paradossalmente anche la più significativa (l’ansa di un porto naturale per secoli sede del Palazzo Reale che dopo il terremoto del 1908 venne relegata, più prosaicamente, ad attività portuale: granai, magazzini generali, mercato ittico, dogana, casa del portuale, ecc… Edifici oggi colpiti da un’esorabile obsolescenza e che versano afflitti nell’abbandono e nel degrado), appare sul muro sberciato dell’ex Casa del Portuale di via Alessio Valore, uno straordinario murales che mozza il fiato per la sua lucidità iconologica. Un’ illustrazione oggettiva e incontestabile della realtà. Messa lì a brutto muso. Un’opera presto riconosciuta come un capolavoro della Street Art.
La Street Art
L’arte di strada o arte urbana è una forma d’arte contemporanea che si manifesta in luoghi pubblici. Nasce e viene praticata come espressione artistica di contestazione e di critica al dilagante degrado delle città e delle metropoli. Un fenomeno artistico che più di altri si attesta il ruolo, doveroso dell’arte, della denunzia. Una corrente espressiva che a dirla con Camus “ci dà l’ultima prospettiva della rivolta”. Un’ esperienza espressiva che denuncia la perdita della qualità urbana come lucida metafora del decadimento morale e civile dell’attuale contesto storico. Contrasta il degrado urbano e quello delle “periferie dei perdenti” con nuove forme d’arte di grande valore artistico e d’impegno civile ed etico, trasformando i “non luoghi” delle città postmoderne in luoghi urbani dove esporre nuove forme d’arte. Si tratta di autentiche opere d’arte fruibili da tutti. Con la Street Art è l’arte che arriva a tutti, soprattutto agli ultimi, ai diseredati, di cui spesso denuncia la condizione. Un’arte dal grande impatto visivo che si mette a disposizione del popolo per stimolare sentimenti di rivolta e indignazione. Nasce, intorno al 2000, dall’esigenza di esprimere quella tensione sociale e di massa che in quegli anni si identificava nelle lotte contro la globalizzazione. Il fenomeno a 20 anni dalle sue prime espressioni ha assunto un grande valore artistico e culturale diffondendosi su tutto il pianeta. Con la Street Art gli artisti tornano ad essere militanti, come i muralisti messicani degli anni venti del secolo scorso. Oggi gli epigoni dei grandi Diego Rivera, Josè Clemente Orozco, David Alfaro Siqueiros, sono l’americano Haring, l’inglese Banksy, il Francese J.R. e l’italiano Blu.
Blu
“Blu”, considerato dalla critica uno dei primi street artist al mondo, è un artista fantasma quasi leggendario. Di lui si sa molto poco, mantiene l’anonimato, non si espone ai media, non rilascia interviste, non fa dichiarazioni. Le sue opere, diffuse in tutto il pianeta, affrontano i temi della denuncia sociale e dell’impegno civile. Sempre a sostegno delle lotte contro il potere economico e politico. Accorre ovunque per sostenere con i suoi dipinti, di grande visibilità, le lotte ambientaliste, anti militariste, anti globalizzazione. Con la notevole bellezza delle sue opere si batte contro tutte le ingiustizie e gli orrori del capitalismo. Con il suo pennello esprime eclatanti ed efficaci accuse ad ogni forma di violenza militare o civile perpetrata sui popoli più poveri e sui soggetti più deboli. Lancia messaggi di pacifismo e le sue iconografie fustigano i potenti ed istigano al riscatto sociale, raccontano l’allarmante insulto delle multinazionali all’ambiente e alle strutture democratiche. La caratteristica ricorrente dei suoi interventi è l’invasione inaspettata di luoghi e ambiti urbani degradati nei quali realizza opere finalizzate a stimolare processi di consapevolezza che inducano alla riqualificazione urbana, ambientale e civile. Con il suo stile limpido e diretto, il suo messaggio immediato, per quanto surreale, le sue opere hanno sempre un grande impatto sociale e comunicano in modo vivo ed efficace i loro contenuti. La singolarità della sua cifra stilistica lo connota e lo fa risultare riconoscibile al punto che la sua espressività semiotica è divenuta il significante della lotta per i diritti umani e dei valori universali della democrazia e della pace. Ha realizzato opere notevoli in tutte le parti del mondo: in Sud America (Argentina, Brasile, Uruguay, Bolivia, Perù, Bolivia);in Centro America ( Nicaragua , Costarica, Guatemala, Messico);in Nord America (New York, long Island, Los Angeles);in Medio Oriente (Palestina, Siria, Libano);In Europa (Germania, Polonia, Rep. Ceca, Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Norvegia, Serbia, Grecia). Le sue opere sono molto diffuse anche in Italia: Bologna, Milano, Torino, Firenze, Roma, Modena, Ancona, Jesi, Senigallia, Prato, Grosseto, Rovigo, Verona, Pesaro, Campobasso, Taranto, Niscemi, Sassari e Messina;
Il dipinto della Casa del Portuale a Messina
Il dipinto sul prospetto dell’ex Casa del Portuale realizzato da “Blu” sbalordisce per la capacità di lettura del contesto sociale messinese da parte dell’autore. L’opera è una lucida ed efficace rappresentazione di tutte le patologie sociali di cui la città soffre: da quelle più acute e contemporanee a quelle ormai croniche frutto della secolarizzazione di quelle asimmetrie di trattamento innescate durante la ricostruzione della città e del tessuto sociale dopo il terremoto del 1908. “Blu” in quest’opera riesce a sintetizzare nella forma più diretta e più efficace la condizione sociale di una comunità ridotta ad un sempre attuale gregariato mortificante indirizzato verso taluni sistemi di potere che gestiscono con categorie feudali le sorti della città, determinando perpetue condizioni di bisogno che trasformano i diritti in favori e i favori in miracoli. La sua iconologia è una lampante metafora di come alcune strutture di potere formatisi grazie a rendite di posizione, al controllo amministrativo e alla speculazione sul territorio abbiano reso subalterne le istituzioni e sottomesso ogni coscienza. “Blu” nel muro dell’abbandonata Casa del Portuale ha rappresentato esplicitamente la rassegnazione e l’assenza di diritti, la mancanza di rispetto della dignità umana e di servizi, la mortificante prevalenza della mediocrità sul merito. Il dipinto è una lunga narrazione terrificante, nella quale non emerge solo la denunzia dello status quo, ma è netto lo sprone, mediato dalla metafora del pescespada (archetipo dello Stretto) che infilza i falsi miti e simboli del potere, ad assumere atteggiamenti che liberino dall’opprimente sistema rappresentato. Questa nitida raffigurazione della crisi culturale e sociale della comunità messinese e delle dinamiche sociali della città esorta ad una resurrezione collettiva che liberi dalla mentalità del favore e del comparaggio ormai divenuta “forma culturale autoctona”. I contenuti iconografici e culturali, la tecnica adottata e la bellezza formale e cromatica, fanno di questo dipinto murale una vera opera d’arte. Tra le poche espressioni artistiche di alto livello e di autentico senso che si possono registrare nella Messina contemporanea. Come diceva sempre Camus “L’arte contemporanea sceglie la morale ed esilia la bellezza”
Adesso il dipinto è stato vandalizzato e versa in gravi condizioni. Nessuna autorità è riuscita a salvaguardarlo, a tutelarlo, a vincolarlo, a riconoscere il suo valore artistico e culturale. Il “progetto di riabilitazione civile dell’ex casa del portuale” (primo esempio in Italia di progettazione partecipata per il riuso di un bene comune), che prevedeva anche un dispositivo di protezione dell’opera, è stato miseramente accantonato. Molto ha contribuito l’esercizio inconsulto di fare Street Art negli edifici pubblici limitrofi, nel tentativo grottesco di emulare “Blu”. Dipinti murali, ad esso affiancati, di cui sfugge il senso, i cui contenuti iconologici hanno stemperato in modo autoimmune i termini della denuncia dell’opera dell’artista fantasma, aggiungendo solo degrado al degrado. Così la banalità lo ha cancellato ancor più dei vandali. La patetica e scomposta voglia di incrociare i pennelli con “Blu” da parte di afasici artisti totalmente disimpegnati (come macilenti mingherlini che ambiscono di incrociare i guantoni con Cassius Clay, credendo davvero di metterlo K.O.) ne ha svuotato l’enorme valore semiotico. Nessuno di questi che abbia colto ed elaborato l’esortante metafora del pescespada. Nessuno che abbia declinato, seppur con altra cifra, la lucida denuncia delle condizioni civili e delle dinamiche sociali rappresentate da “Blu”. Il dipinto di “Blu” ha scosso le coscienze emergendo dal degrado, i nuovi murales le sopiscono rafforzando il degrado e con la loro insensatezza lo risucchiano nell’oblio a cui loro sono destinate. Forse sono espressione di una collettività che non vuol vedere la sua condizione disperata di popolo vinto, forse sono il significante di un istinto comune che sceglie di restare genuflesso dentro la caverna. “Cu camina calatu torci a schina, s’è un populu torci a storia.” diceva Ignazio Buttitta. Così quella Storia che altrove ha sconfitto il feudalesimo a Messina ha trovato un muro… Quel muro dove è stata cancellata la verità dipinta da “Blu”.
Carmelo Celona
25.05.2019