L’Universo Femminile tra i principi generali di Mazzaglia, la sensualità urbana di Newton e l’iperrealismo di D’Avenia
“Nell’aria v’era a quell’ora un appuntamento di letto. Qua e là le frange e i filetti neri di pizzo. In spiccata evidenza tra il resto. Adagio ne cavai una dal mucchio, come una tortorella dal nido di foglie; inconsistente, di velo denso. La svolgevo. La esilità dell’insieme era quella di sempre. Nè rinforzì nè schermature. Mutandine segretissime, elastico cedevole, tenerissimo, lento. Avance di tipo vago: dovevo vigilare. Imparare a distinguere in quella ritualità indecifrabile. Le mani instancabili, faccendavano in alto sui capelli. Sorvegliavo le mani. Si fece avanti quieta e sfrontata.” Un gioiello di rara raffinatezza letteraria, con il quale Giovanni Mazzaglia ci descrive i “Principi Generali” (questo è il titolo), della sessualità femminile. Il grande autore catanese, assimilato, dalla critica dotta, per la sua ricercatezza linguistica al grande Carlo Emilio Gadda e per l’ampia capacità di esplorare l’universo sessuale a Vitaliano Brancati, ci fornisce un’indagine indedita sull’intimità femminile condotta con attenta e sensibile perizia. Narra l’ambiente interiore delle donne, con approfondita osservazione, passando da un iniziale desiderio lubrico ad una disorientata curiosità esplorativa. Descrive l’universo dell’intimità femminile in maniera minuziosa rappresentandone tutte le suggestioni erotiche. Trasforma la focosa convivenza di un viaggio di nozze in un’esperienza conoscitiva della dimensione celebrale della femminilità, comprendendo, affascinato, i temini di un’assoluta bellezza mentale, a lui totalmente estranea, della quale ci spiega i “principi generali“. Una forza espressiva rigorosa, pura, di cristallo che in modo terso mette a fuoco quei dettagli che consentono di comprendere fino in fondo il senso della “ritualità indecifrabile” della sensualità e della sessualità femminile. In questi giorni la stessa “ritualità indecifrabile” dei “principi generali” viene decifrata con grande forza espressiva e più efficace suggestione dalle opere esposte fino al 20 marzo 2015 al Monte di Pietà a Messina. La mostra intitolata “Il bello…dell’anima“, organizzata da Eligia Catanesi e Susy Pergolizzi rappresentanti della F.I.D.A.P.A. sezione di Messina e curata da Daniela Pistorino presenta opere informali di Alex Caminiti, alcuni scatti autografati del grande fotografo tedesco Elmut Newton e opere ammirevoli di Michele D’avenia. Durante l’inaugurazione la curatrice ha sottolineato come: “l’intera mostra gioca sul filo sottile di citazioni che evocano mondi femminili in contesti apparentemente casuali, che raccontano corpi in momenti di ritualità privata nella quale ogni singolo gesto svela una femminilità monumentale. Punti di vista che offrono diverse modulazioni sul tema dell’universo femminile.” Girando per le sale si osservano tre esperienze espressive eterogenee, che declinano lo stesso tema con tre verbi e in tre lingue diverse e che ci conducono in quel lieve e impercettibile universo della sensualità e dell’erotismo femminile. Opere, quelle di D’avenia in particolare, che sono autentiche “trasformazioni del reale“, nel senso di essere un’imitazione minuziosa delle sfumature della realtà. Un’imitazione con obiettivi marcatamente psicologici che invece di essere solo narrazione estetica o abile racconto della bellezza delle forme femminili rappresenta, anche e sopratutto, il racconto della bellezza dell’intensità delle emozioni al femminile. Sono sguardi maschili che riescono a spiegare quel gioco seduttivo ed innato di quella natura femminile imperscrutabile per il maschio. Esplorazioni che ci restituiscono la raffinatezza di quella sessualità incomprensibile all’ottuso istinto virile che, spesso, invece di comprenderla e godere a pieno delle sue complessità avventurose, la consuma e basta. Queste opere sono la rappresentazione di un universo desiderato quanto estraneo all’uomo e spesso sprecato per certa virilità acelebrale. Occhi di maschi che hanno dismesso l’istinto voyeristico, che hanno smesso di guardare le donne con fare lascivo, e hanno cominciato a vedere, a comprendere, cogliendo l’ontologia celebrale di quel paradiso seducente, che le donne propongono. Uomini che hanno compreso e restituito la grazia di quell’ambigua astrazione sensoriale che da sempre li disorienta. Spiriti indiscreti che sono riusciti ad esplorare e a condurci in quella intimità sensuale che le donne hanno sempre, anche in assenza di testimoni. Non sono occhiate morbose promosse da desideri repressi dal processo di civilizzazione, ma sguardi di maschi usciti finalmente da quella ossessione ormonale che li relega a complemento, spesso poco raffinato, di quel gioco ardente che è la riproduzione umana. Sguardi di attori consapevoli che hanno colto i lineamenti di quella forza impalpabile che li attira. Queste opere sono la prova provata di un’avvenuta comprensione dell’intimità femminile. Un occhio maschile inaspettatamente certo di quelle voluttuose sensualità che non gli appartengono per natura. Sono viste inedite lanciate non sul corpo della donna ma sulla sua psiche erotica. Indagini di maschi sull’universo gestuale femminile che non sono l’espressione di un latente istinto sessuale ma istantanee dove l’assenza della rappresentazione della dimensione lubrica mette in risalto tutto ciò che da esse li divide più che sottolineare ciò che ad esse le accomuna. (spesso solo la compatibilità degli organi sessuali). Sono la proposizione di segni il cui significante rimanda non all’idea del corpo ma a quella muliebre del desiderio femminile e alla sua raffinata provocazione sensuale. Segni che sono il significante di una richiesta d’intimità complice, di un bisogno di complicità amorosa e non sessuale. Una richiesta di un’emozione: di un’emozione erotica. Di un desiderio totale e assoluto espresso con paziente eleganza. Immagini di una millimetrica danza d’invito all’amore dove l’erotismo trafigge il desiderio maschile con lo sguardo e non con le curve nude dei corpi esposti. Sono l’annuncio senza pudore di un amplesso che si compirà o che si sta già compiendo. Dettagli di gesti femminili che ne celebrano l’anima. Rappresentazione della metafora della sensualità del corpo femminile che svelandosi si dona. La raffinatezza tecnica e il contenuto espressivo di queste opere chiariscono con lucidità icastica che l’eros femminile abita nel dettaglio: in quelle impercettibili sfumature che accendono in un istante passioni travolgenti; in quei minutissimi cenni che dichiarano la disposizione all’amore erotico; nelle finezze gestuali che attivano i sensi e che fanno sentire all’olfatto l’odore del desiderio, all’udito il rumore della voluttà, al gusto il sapore della tenerezza, al tatto la morbidezza della passione. Dettagli il cui grande significato solo vere opere d’arte e veri artisti possono cogliere e spiegare.
Carmelo Celona
05 aprile 2015