Il vestito per l’America
La necessità è il motore della creatività, dell’invenzione e l’espediente il suo carburante.
“Gli emigranti salivano che avevano le pezze al culo, ognuno col suo vestito consumato, l’unico che avevano. Poi li vedevi scendere, alla fine, tutti ben vestiti con la cravatta anche, gli uomini e i bambini con certe camiciole bianche… insomma, ci sapevano fare, in quei venti giorni di viaggio cucivano e tagliavano, alla fine non trovavi più una tenda, sulla nave, più un lenzuolo, niente: si erano fatti il vestito buono per l’America”.
Furono le atmosfere mitiche delle traversate transoceaniche degli inizi del secolo che di fatto allargarono il mondo.
“Novecento non suonava semplicemente, lui lo guidava, quel pianoforte, capito? E mentre volteggiavamo tra i tavoli, io capii che in quel momento, quel che stavamo facendo, quel che davvero stavamo facendo, era danzare con l’Oceano, noi e lui, ballerini pazzi, e perfetti, stretti in un torbido valzer, sul dorato parquet della notte”.
Si capisce e s’impara solo dai grandi narratori grazie alla loro capacità di trasformare una loro esperienza in un nostro vissuto in una nostra conoscenza.
“Quando uno ti racconta con assoluta esattezza che odore c’è in Bertham Street, d’estate, quando ha appena smesso di piovere, non puoi pensare che è matto per la sola stupida ragione che in Bertham Street, lui, non c’è mai stato. Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno, lui, quell’aria, l’aveva respirata davvero”.
Per imparare le cose bisogna imparare a leggere i libri, per imparare la vita bisogna imparare a leggere gli uomini.
“Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia, …. Tutta scritta, addosso”.
E’un attimo, è cambia il volto di ogni cosa. Tutto, dopo quell’attimo, ai nostri occhi assume sfumature e significati totalmente diversi da prima e le sensazioni pregresse misteriosamente non si ricordano più.
“E’ una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli, un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi è scoppiata la guerra. Quando vedi il treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio”.
La felicità è anche l’assenza di desiderio? Forse si!
“Ho disarmato l’infelicità. Ho sfilato la mia vita dai miei desideri. Se tu potessi risalire il mio cammino, li troveresti uno dopo l’altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno mai ho raccontato se non a te.”
Carmelo Celona
28/05/2013
Lacerti tratti da:
“Novecento ” – 1994
Alessandro Baricco