La città racconta
Le panchine delle piazze sono i guardiani della memoria delle città, i testimoni, poiché in esse siedono i vecchi che con la loro composta oziosità evocano il passato, rappresentando con il loro antico garbo l’identità di quei luoghi.
“Nella piazza c’è il muretto dei vecchi che guardano passare la gioventù, con loro i desideri sono già ricordi”.
Ogni palazzo, ogni piazza, ogni luogo costruito è una narrazione. Le architetture e gli spazi che esse determinano sono la forma della storia. Le città sono il libro di storia del popolo che vi vive.
“La città racconta non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre”
La città racconta la sua anima, la sua identità. La città è un documento d’identità collettiva che riferisce sulle sue generalità di chi l’ha fondata e di chi la abita.
“Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città dice tutto quello che devi pensare, ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di visitare non fai altro che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti”..
Il paesaggio invisibile dell’animo dei cittadini condiziona e determina il passaggio visibile della città.
“Un paesaggio invisibile condiziona quello visibile”.
La retorica dell’attaccamento, dell’amore, delle radici per il luogo, visti i risultati non regge più. Chi amministra una città non deve avere legami, passati, presenti e futuri, deve essere esogeno, come i carabinieri di un tempo.
“L’imperatore è colui che è straniero a ciascuno dei suoi sudditi, solo attraverso occhi e orecchi stranieri l’impero poteva manifestare la sua esistenza”.
Vi sono città che il destino ha raso al suolo. Le tracce del suo passato non stanno più nelle pietre, negli spazi, nei luoghi, ma nelle cartoline che la ritraggono com’era. Le seppiate stampe la fanno vivere permanentemente in una nostalgia distraente e nell’accidia di una memoria recisa che non permette di costruirsi il presente e di progettare il futuro con dignità e identità.
“Il viaggiatore è invitato a visitare la città e nello stesso tempo a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima: per non deludere gli abitanti occorre che il viaggiatore lodi la città nelle cartoline e la preferisca a quella presente avendo cura di contenere il suo rammarico. Attraverso ciò che è diventata si può ripensare con nostalgia a quella che era”.
La città perde il “genius loci” e diviene un “non luogo” quando è pensata e amministrata da chi in essa non prova il sussulto atavico delle radici.
“Gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei”.
La città odierne sono caotiche, le antiche mura non hanno più un confine definito. Sono un continuo costante costruito. Il dentro e il fuori si distingue dal rumore e dal silenzio. Quando il rumore cessa, ecco che è finita la città. La città è rumore.
“La città? Quale linea separa il dentro dal fuori, il rombo delle ruote dall’ululato dei lupi?”.
Le città non a misura d’uomo sono una rapina di felicità.
“Le città felici e quelle infelici: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.
La città è un organismo in cui scorre la vita e ad essa e ai suoi bisogni deve essere compatibile. Le città che non sono a misura d’uomo sono come quelle calzature inadatte che impediscono di deambulare fallendo il loro scopo in una tragica eterogenesi dei fini.
“Le città come i sogni sono costruite di desideri e paure. D’una città non godi le meraviglie, ma la risposta che da ad una tua domanda”.
Le città non hanno più l’uomo come protagonista. Bisogna ricondurre la città alla scala umana.
“Le persone che passano per le vie non si conoscono. Al vedersi, nessuno saluta nessuno, gli sguardi s’incrociano per un secondo e poi si sfuggono, cercano altri sguardi, non si fermano”.
Quelle città dalle inarrestabili diaspore di giovani senza futuro sono condannate a scomparire.
“La città esiste e ha un semplice segreto: conosce solo partenze e non ritorni”.
La disciplina urbanistica paradossalmente ci ha consegnato città caotiche, disarmoniche. Le norme hanno espresso solo caos e degrado. I borghi medievale che si fatica a tutelare, sono sorti senza P.R.G. senza regolamento edilizio, sono il frutto di infinite combinazioni di eccezioni alle norme.
“La città racchiude tutto quello che risponde alla norma e da essa. Le città si allontanano in vario grado dalla norma. Ho pensato fatto solo di eccezioni, preclusioni, contraddizioni, incoerenze, contro sensi”.
Lo smaltimento dei rifiuti è solo una questione culturale dalla quale si misura il livello di civiltà.
“Gli spazzaturai sono accolti come angeli e il loro compito è di rimuovere i resti dell’esistenza di ieri circondati d’un silenzioso rispetto come un rito che ispira devozioni” .
Carmelo Celona
05/04/2013
Lacerti tratti da:
“Le città invisibili ” – 1972
Italo Calvino