Ancora qualche giorno
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Forse l’unico modo per esorcizzare la morte e dargli del Tu.
“Se ritorna il colera, non mi muovo proprio, lo guardo negli occhi e gli dico: entra, accomodati, se vuoi una birra apri il frigo, sto leggendo Bukowski, per favore, non rompere le palle… Anzi se vuoi renderti utile fà un caffè, ma lavati prima le mani”.
La bellezza quando cade in certi squallori esistenziali acquista un fascino languido che intenerisce.
“Si chiamava Rosaria, non sapeva se si prostituisse per “farsi” o se si facesse perché si prostituiva. Aveva due occhi meravigliosi, azzurro mare”.
L’indifferenza verso lo sfruttamento del lavoro minorile è la prova che siamo una civiltà ipocrita che concepisce l’aiuto al prossimo solo per avere visibilità.
“Gennarino aveva 12 anni. Lavorava già da due anni, orario nonstop dalle otto di mattina alle sei di sera. Estate ed inverno. “Impiegato” al semaforo. Lavatore di vetri”.
Quella dolcezza stucchevole e collosa dei giardini consacrati al pianto dei nostri defunti.
“Di fronte alla birreria c’era il cimitero. Certe mattine il cimitero aveva un sapore strano intorno, dolciastro, mieloso sapore di luppolo, sapore di morte, sapore di luppolo e morte, odore di garofani e ghirlande, odore di lacrime e di convenevoli, di “Ciao come stai?”, di “Com’è morto?”, di “Ma come.. all’improvviso?”.
Quelle facce che denunziano incisive un’esistenza fatta d’espedienti che aggredisce il nostro senso di colpa, per essercela cavata meglio.
“Quelle facce che da una vita stavano aspettando qualcosa. Quelle facce grigie un po’ verdi, mai rasate, con occhi appannati, mai leali, occhi che non guardavano mai negli occhi, occhi intriganti, furtivi, occhi pericolosi, che ti spogliavano”.
Esiste un’umanità oppressa e umiliata da usurai vestiti da banchieri che vive tenuta in pugno da un sistema che pone il denaro come unico fine e perno centrale della vita collettiva.
“Il sabato e la domenica erano due giorni meravigliosi: perché le banche erano chiuse. E le facce che il lunedì mattina si aggiravano per le banche erano facce che parlavano da sole. Gente che supplicava il direttore di spettare ancora qualche giorno, gente che chiedeva un po’ di credito con un’espressione allucinante, gente che giurava di aspettare un assegno o un vaglia da un giorno all’altro. E questo giorno non arrivava mai”.
Chissà quanti Michelangelo ed Einstein l’umanità si è persa a causa di certa mediocrità organizzata che con le sue manovre furbesche, pur di prevalere, oscura ogni talento, facendo pagare al progresso un prezzo altissimo.
“Maurizio era un musicista senza fortuna, bravo però, quindi costretto a rincorrere la vita che correva più veloce di lui”.
31/12/2011
Lacerti tratti da:
“Una vita postdatata” – 1991
Peppe Lanzetta