Lo Stato

Una mentalità che vede la puntualità e la precisione solo come un connotato negativo, non può che produrre sopraffazione e dominio dei furbi.

“In Sicilia, non  c’è  niente di puntuale: persino le messe cominciano dieci minuti dopo. Guai ad arrivare puntuali: Sono puntuali solo gli uomini dappoco, quelli che non contano niente.”

Quando nell’immaginario dei cittadini lo Stato si personalizza in chi lo gestisce, si determina una perdita di democrazia che impedisce di fatto la partecipazione sociale. E la partecipazione è libertà.

Lo stato era una cosa astratta, fatto di aria, che però si incarnava nell’onorevole Tizio, nel funzionario Caio, nel maresciallo Sempronio, nel giudice Tal dei Tali. E tutti questi erano lo stato, la carne vera e reale dello stato. Lo stato con cui dovevamo e potevamo avere a che fare.

Tutti i siciliani fanno fatica ad individuare con precisione il confine esatto tra dovere civile e delazione.

Questa cosa, questo silenzio, lo chiamavano omertà. La colpa più grande dei siciliani. Sintomo di poco attaccamento allo Stato, che coinvolgeva tutti i siciliani.”  

L’utopia è la razionalità distrutta dall’egoismo, il buon senso è l’irrazionalità che soddisfa l’egoismo di tutti impossessandosi impropriamente dell’attributo razionale rubato all’utopia.

A vent’anni la ragione sta sempre dalla parte dell’utopia. Ma la realtà macina e fagocita tutte le utopie e tutti gli utopisti. L’utopia  è refrattaria ad ogni buon senso. La realtà se ne infischia dell’utopia.

L’ingenuità dei puri è l’arma imbattibile dei furbi che li strumentalizzano.

I puri, con una ingenuità più grande della loro buona fede.

Vi sono ambienti dove chi si introduce bussando con i pugni non ottiene nulla.

Quando si andava da qualcuno a chiedere un favore già ricevuto, bisognava bussare con i piedi. Le mani non potevano essere usate per bussare, dovevano essere cariche di doni.”  

La politica alleva la disoccupazione giovanile come l’ovicoltore alleva i polli in batteria.

Quelli che contavano le balate. Le balate erano le grandi lastre di pietra lavica che pavimentavano i marciapiedi. Contavano le balate in attesa del posto.”

Di certe astinenze il corpo ne esterna inequivocabilmente la sofferenza.

I cacciatori di professione annusarono la Penepriva. Capirono che il digiuno era ormai insostenibile. Ci fu l’assedio.”  

Un’isola fisica che contiene una moltitudine di isole culturali.

La Sicilia non era un’isola come comunemente si pensava e si scriveva. Era un arcipelago.”  

Il culto del sonno eterno inibisce l’idea del domani e rende solo fatalistica la visione dell’avvenire.

La morte nel suo aspetto più oscuro. Per uccidere il futuro.

Carmelo Celona

Messina 04/08/2012

Lacerti tratti da:

Senza re né regno ” – 2004

Domenico Seminerio