Al Jolly Hotel

Fu una delle poche stagioni in cui i siciliani da inquilini tentarono di divenire padroni della loro storia.

“L’entusiasmo e il dolore dello scontro (i morti, gli incarcerati, gli umiliati), il gusto della vittoria, le nuove leggi contro le prepotenze di baroni agrari e gabellotti mafiosi. E, subito dopo il sapore amaro di una sconfitta inattesa. E’ stata l’unica epopea popolare della Sicilia moderna. La stagione delle lotte contadine, dell’occupazione dei feudi,della riforma agraria.”

Certi riscatti chiesti per affrancare la propria vita attraverso il sequestro di quella altrui. Non per denaro ma per prendersi una rivincita sulla disuguaglianza.

Ha una catena: la zappa, una certezza: che così non può continuare,  un’emozione: la donna quasi sempre anziana. Poi la via della ragione. Sostituendo alla zappa un mitra, per aprirsi la strada verso qualcosa da chiamare vita.<Deve andarci lei solo al Jolly Hotel?>, aveva chiesto con rabbia al barone, per cercare di spiegargli il motivo per cui l’aveva sequestrato in cerca di riscatto.

L’individualismo dei siciliani è il miglior guardiano delle ribellioni.

Nella solitudine siciliana ciascuno gioca la sua partita contro il resto del mondo.”

Il siciliano non ha nessuno spirito di cooperazione, è un popolo disgregato. Soggiogato da un feudalesimo mai finito.

Non riuscivano nemmeno a seminare. Appena conquistata una fetta di terra in concessione, i contadini non volevano saperne di gestione collettiva, si facevano sospettosi e diffidenti, reclamavano un lotto per sé, sorgevano rancori e liti, si rompeva subito l’unità politica.

Chi è indigente non può investire il proprio tempo negli studi, deve darsi da fare per sfamarsi. Ciò peggiora sempre più la sua condizione. Il riscatto passa solo attraverso l’istruzione. E il potere lo sa.

Il fatto che ancora a dieci anni studiassi, destava scandalo tra i contadini. Mia nonna rimproverava mia madre, tenermi a  scuola era uno spreco, e tutti i parenti e i vicini, disapprovavano mio padre”  

La tradizione di cui il popolo è vittima e al tempo stesso promotore, spesso inibisce l’idea di progresso, di quel progresso che migliora le condizioni di vita di tutti e aiuta lo sviluppo civile.

L’esperienza non si accumula, non salta mai da quantità a qualità, passa di bocca in bocca, dai vecchi ai giovani, immutabile. Secoli di agricoltura ammucchiati invano. Sembra una civiltà ma è solo fatica e ignoranza, sapientemente distillate in cento proverbi e comportamenti che camuffano da saggezza il silenzio e il fatalismo, che esaltano la radicata convinzione che ogni mutamento è in peggio. Una somma millenaria di errori

Carmelo Celona

Messina 10/07/2012

 

Lacerti tratti da:

Terra di rapina ” – 1977

Giuliana  Saladino